Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona   del
 Presidente  della  Giunta  provinciale  pro-tempore  Lorenzo  Dellai,
 autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 7764 del 17
 dicembre 1999 (all. 1), rappresentata e  difesa  -  come  da  procura
 speciale  del  21  dicembre  1999  (rep.  n.  24051) rogata dal dott.
 Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2)
 - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma,
 con domicilio eletto in Roma presso lo studio  dell'avv.  Manzi,  via
 Confalonieri, 5;
   Contro   il   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri  per  la
 dichiarazione cbe non  spetta  allo  Stato  di  disciplinare  con  il
 regolamento  previsto  dall'art. 1, commi 3 e 4, del d.lgs. 30 aprile
 1998, n. 173, la concessione di aiuti a favore  della  produzione  ed
 utilizzazione  di  fonti energetiche rinnovabili nel settore agricolo
 nella provincia autonoma di Trento, e per il conseguente annullamento
 degli artt. 1, 2  e  3  del  decreto  del  Ministro  delle  politiche
 agricole  e  forestali  dell'11  settembre  1999, n. 401 "Regolamento
 recante norme di attuazione dell'art. 1, commi 3 e 4, del  d.lgs.  30
 aprile  1998,  n.  173",  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 260,
 serie generale,  del  5  novembre  1999,  nelle  parti  in  cui  essi
 risultino rivolti anche alla ricorrente provincia, per violazione:
     dell'art.  8,  n.  21),  dell'art.  9,  n. 9), e dell'art. 16 del
 d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme di attuazione;
     degli artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992;
     dell'art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386;
     dei principi e regole costituzionali in materia di  rapporti  tra
 regolamenti  statali  e  potesta' legislativa provinciale, nonche' di
 atti di indirizzo e coordinamento.
                      F a t t o  e  d i r i t t o
 Il d.lgs.  30  aprile  1998,  n.  173  "Disposizioni  in  materia  di
 contenimento   dei   costi  di  produzione  e  per  il  rafforzamento
 strutturale delle  imprese  agricole",  all'art.  1,  commi  3  e  4,
 istituisce  a  favore  di  tali  aziende un regime di aiuti rivolti a
 favorire il risparmio energetico e incentivare  l'utilizzo  di  fonti
 rinnovabili  di  energia.  Lo stesso decreto contiene all'art. 16 una
 disposizione di salvaguardia delle regioni a statuto speciale e delle
 province autonome, espressamente disponendo  che  queste  "provvedono
 alle   finalita'  del  presente  decreto  nell'ambito  delle  proprie
 competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti".   In
 altre  parole,  le  regioni a statuto speciale e le province autonome
 non sono destinatari della specifica normativa del d.lgs. n. 173  del
 1998, ma piuttosto rimangono vincolate alle sue finalita': sicche' si
 puo'  dire, in sintesi, che per esse il decreto si viene a comportare
 sostanzialmente come un atto di indirizzo.    La  legislazione  della
 ricorrente  provincia risulta pienamente coerente con tale indirizzo.
 Essa comprende una disciplina in  materia  di  risparmio  energetico,
 fondata  su una legge di base (la n. 14 del 29 maggio 1980), la quale
 e' stata modificata da ultimo con la legge provinciale n. 10  dell'11
 settembre  1998,  e prevede speciali interventi nel settore agricolo.
 In particolare,  da  un  lato  l'art.  3  di  tale  legge  disciplina
 interventi  rivolti,  tra  l'altro,  a  favorire  l'utilizzazione del
 biogas e dei sottoprodotti di lavorazione del legno (v.  precisamente
 commi  3  e 4), dall'altro l'art. 3-ter prevede e disciplina appositi
 contributi in conto capitale  rivolti  "al  fine  di  incentivare  la
 produzione  di  energia  termica,  elettrica  e  meccanica  da  fonti
 rinnovabili nel settore agricolo". Si tratta nella sostanza, come  si
 vede,  delle  medesime  finalita'  alle  quali e' rivolto l'impugnato
 decreto, sul quale occorre ora soffermare l'attenzione.   Occorre  in
 primo  luogo  chiedersi  se il decreto 11 settembre 1999, n. 401, sia
 destinato ad applicarsi anche  alla  provincia  autonoma  di  Trento:
 diversamente,  infatti,  non  vi sarebbe ne' ragione ne' interesse al
 ricorso.  Ora, tanto l'art. 1 (Finalita' e ambito  di  applicazione),
 quanto  l'art.  2 (Regimi di aiuto e beneficiari) che infine l'art. 4
 (Copertura  finanziaria)  non  si  riferiscono  in  particolare  alla
 provincia  di  Trento:  sicche',  se  a tali articoli si limitasse il
 decreto, sarebbe agevole intendere che per essa  rimane  operante  la
 clausola  di  salvaguardia  di  cui all'art. 16 del d.lgs. n. 173 del
 1998, sopra citata.   E'  questa  e'  la  ragione  per  la  quale  le
 disposizioni  dell'art.    1 e dell'art. 2 vengono impugnate qui solo
 cautelativamente, per l'ipotesi che esse  dovessero  intendersi  come
 destinate  ad operare anche nella provincia di Trento.  In tale caso,
 infatti, non potrebbe dubitarsi del loro contenuto lesivo, dato  che,
 in  assenza  di  un fondamento legislativo, verrebbero a disciplinare
 con disposizione regolamentare materie di competenza provinciale.  Va
 precisato che, ad avviso della ricorrente  provincia  una  legge  che
 attribuisse fondamento normativo ad un potere regolamentare siffatto,
 ove  vi  fosse,  sarebbe  essa  stessa contrastante con lo statuto di
 autonomia e con le relative norme di attuazione,  oltre  che  con  il
 noto  divieto  costituzionale di disciplina autonoma regolamentare di
 materie affidate alla potesta' legislativa regionale. Dunque, se tale
 si fosse potuto ritenere il d.lgs. n. 173 del 1998, essa  lo  avrebbe
 impugnato   e   sottoposto   al  giudizio  di  codesta  ecc.ma  Corte
 costituzionale:  ma  il  decreto  legislativo  citato  conteneva   al
 contrario  la  clausola  di  salvaguardia sopra ricordato, sicche' in
 nessun caso ad esso si potrebbe attribuire il  senso  di  fondare  un
 potere regolamentare statale in materia provinciale.  Su questa base,
 non  puo'  dubitarsi  che,  ove  rivolte  alla  provincia autonoma di
 Trento, le disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 del d.m.  n. 401/1999
 sarebbero invasive delle competenze provinciali.   Precisamente,  per
 quanto   riguarda   l'art.   1   sarebbe   invasivo   (piu'   che  la
 autopresentazione di cui al  comma  1  e  la  procedura  di  verifica
 europea  di  cui  al  comma  2)  il carattere cogente attribuito alle
 definizioni rispettivamente di "biomasse" e  di  "fonti  rinnovabili"
 dai  commi  3  e  4;  giova  precisare  che  non  conta  qui  se tali
 definizioni siano piu' o meno ovvie o condivisibili, quanto il  fatto
 che  esse verrebbero indebitamente a delimitare l'ambito dei benefici
 concedibili in base alla legislazione provinciale.    Non  e'  dubbio
 pero'  che  contenuto maggiormente invasivo avrebbe l'art. 2, ove gli
 aiuti sono definiti in relazione alla destinazione  (per  "l'utilizzo
 ai  fini  energetici delle produzioni agricole e forestali" di cui al
 comma 1, e per "la produzione di  energia  nel  settore  agricolo  da
 fonti  rinnovabili" di cui al comma 3), per destinatari (sempre comma
 1  e  comma  3),  per tipo, presupposti e finalita' (cosi' al comma 1
 sono  previsti  contributi  in  conto  capitale   o   interessi   per
 investimenti  finalizzati "all'autoproduzione aziendale o il recupero
 di energia termica, elettrica e meccanica da fonti  rinnovabii  e  di
 sistemi  idonei  a  ridurre  i  consumi  energetici,  nonche'  per la
 realizzazione  di  progetti,  con  essi  coordinati,  di   assistenza
 tecnica",  al  comma 2 aiuti per la "partecipazione ai maggiori costi
 sostenuti per la produzione sperimentale", al comma 4 contributi pure
 in conto capitale o interessi "per la realizzazione di  impianti  per
 l'autoproduzione  o  il  recupero  di  energia  termica,  elettrica e
 meccanica da fonti rinnovabili di  energia  e  di  sistemi  idonei  a
 limitare l'inquinamento e ridurre i consumi energetici", per misura e
 modalita'  di  calcolo  (comma  2  e  comma  4),  per  condizioni  di
 concessione (v. ancora  comma  2,  nonche'  commi  5  e  6).    Norme
 particolari  sono poi previste per i progetti presentati da "soggetti
 costituiti  in  forme  giuridiche  societarie   rappresentativi   dei
 produttori  agricoli  e  forestali"  (comma 5).   Ma in definitiva, a
 prescindere da ogni considerazione di dettaglio, e' evidente  che  si
 tratta  di  una compiuta definizione degli aiuti e delle loro regole,
 che verrebbe a sovrapporsi alla  normativa  propria  della  provincia
 autonoma  di Trento.   Si noti che tale sovrapposizione, che non puo'
 trovare  giustificazione  nei  principi  costituzionali  e  statutari
 relativi  al  riparto  dei  poteri  e  delle competenze, non potrebbe
 trovare giustificazione  neppure  nelle  regole  finanziarie,  ed  in
 particolare  nell'ipotetico  finanziamento  statale degli interventi,
 previsto dall'art. 4.    E'  ben  noto  infatti  che  lo  Statuto  di
 autonomia  contiene  precise  regole anche sull'autonomia finanziaria
 della provincia, e che in particolare l'art. 5 della legge n. 386 del
 1989 dispone che i fondi assegnati alla provincia autonoma di  Trento
 nell'ambito delle ripartizioni tra le regioni affluiscono al bilancio
 provinciale  "per  essere  utilizzati, secondo normative provinciali,
 nell'ambito del corrispondente settore", e che per la  loro  gestione
 "si  prescinde  da  qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi
 statali  ad  eccezione  di  quelli  relativi  all'individuazione  dei
 parametri   o  dalle  quote  di  riparto".    Tuttavia,  come  detto,
 l'applicazione alla ricorrente  provincia  degli  artt.  1  e  2  del
 decreto   non  e'  espressamente  sancita,  sicche'  nulla  vieta  di
 intendere le disposizioni nel loro senso generale di  essere  rivolte
 al complesso delle regioni, ferme restando le competenze ed i compiti
 delle  province  autonome  nell'ambito della clausola di salvaguardia
 disposta dall'art. 16 del decreto legislativo n. 173 del 1998.   Tale
 interpretazione  potrebbe forse addirittura considerarsi pacifica, se
 non  fosse  per  la  circostanza  che,  inopinatamente,   l'art.   3.
 dell'impugnato  decreto  si  riferisce  espressamente o almeno sembra
 riferirsi espressamente, anche alla  provincia  autonoma  di  Trento,
 come  ora va meglio illustrato.  Dispone infatti l'art. 3 del decreto
 ministeriale n. 401 del  1999  che  "l'istruttoria  dei  progetti  e'
 svolta  dalle  regioni  e  dalle  province  autonome sulla base degli
 indicatori definiti  con  decreto  del  Ministero  per  le  politiche
 agricole  d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
 Stato le regioni e le province autonome" (comma  1),  precisando  poi
 che  "il  monitoraggio  dell'attuazione del regime di aiuti di cui al
 presente decreto e' svolto dal Ministero per le  politiche  agricole,
 cbe si avvale di un comitato tecnico".  Ora, tranne che non si tratti
 semplicemente  di  una  svista,  dovuta alla "attrazione linguistica"
 esercitata dalla successiva menzione della Conferenza permanente  per
 i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome, sembra
 giocoforza concluderne che  il  regolamento  statale  include  tra  i
 propri   destinatari,   almeno  per  questa  disposizione,  anche  la
 ricorrente  provincia:   ma   d'altronde   cio'   sembra   comportare
 l'inclusione  della provincia anche tra i destinatari delle rimanenti
 disposizioni, apparendo poco sensato che essa sia tenuta ad avvalersi
 di indicatori che ovviamente hanno  a  riferimento  l'intero  sistema
 normativo  recato  dal  regolamento qui impugnato.   In ogni modo, il
 vincolo  posto  dall'art.  3  risulta  doppiamente  illegittimo   ove
 confrontato alle regole statutarie del rapporto tra Stato e provincia
 autonoma:  da  un  lato,  esso  comporta una illegittima interferenza
 sulla   attivita'   amministrativa   provinciale,   assoggettata   ad
 indicatori   statali,  dall'altra  la  stessa  "produzione"  di  tali
 indicatori e' affidata a  poteri  ministeriali  illegittimi,  sia  in
 assoluto  in  quanto  espressione  anomala  di  un  atipico potere di
 indirizzo  e  coordinamento  incongruamente  assegnato   al   singolo
 ministro,  sia  in  quanto creati da una fonte secondaria essa stessa
 non abilitata a produrre ed istituire neppure un  potere  statale  di
 indirizzo  conforme  per  il resto a Costituzione.  Ugualmente dicasi
 per il potere di "monitoraggio"  di  cui  al  comma  2  dell'art.  3,
 qualora  a  tale potere dovessero darsi connotati autoritativi, quale
 attivita' di verifica del rispetto delle regole poste con  lo  stesso
 regolamento,  e non si trattasse dunque di un compito ministeriale di
 mero raccordo ed elaborazione dei dati relativi ai  regimi  di  aiuto
 legittimamente  istituiti  dalle  autonomie  speciali, e segnatamente
 dalle province autonome, nell'ambito delle proprie competenze.